
Ciao e benvenutə, questo è il quarto episodio di Fushigi no Manga, la rubrica di racconti semi-personali su manga belli e magari strani che dovrebbe uscire ogni mese ma poi la vita è quella cosa che succede quando non stai scrivendo racconti semi-personali su manga belli e magari strani. Ho bisogno un po’ di riprendere il ritmo, per cui questa volta ci leggiamo un fumetto un poco leggero, che dici?
Kanji Tsuruta è un autore strano. Ora, non mi ricordo esattamente quand’è che uscito in Italia il suo primo fumetto, ma non è stato tanto tempo fa. Ed è strano. A sfogliarlo adesso mi trovo a pensare che sarebbe stato un autore mega-perfetto per Manga San (lo so, torno sempre a Manga San come collana fondativa e seminale per il manga autoriale in Italia): le sue storie, prevalentemente dei divertissement visivi, basate più su ambientazione e atmosfera che su intreccio, hanno quel retrogusto smaccatamente autoriale che caratterizzava la collana. Quel piglio di riconoscibilità e personalità che era proprio di ogni titolo (anche di quelli meno riusciti) che la componeva. E invece è rimasto inedito nel nostro Paese fino a praticamente l’altro ieri. Guarda te a volte.

Poi negli ultimi mesi la situazione è migliorata e abbiamo preso dimestichezza con le donnine spesso nude – in una sorta di voyerismo raffinato che fa un po’ Valentina – di Tsuruta, con le sue atmosfere sospese e notturne in cui ragazze senza passato passeggiano assieme ai gatti di Venezia o volano aeroplani verso isole dimenticate. La collana Showcase ha pubblicato un paio di sue serie (Forget me not e L’isola errante, entrambe incompiute, entrambe belle: recuperale!), J-Pop uno strambo albo singolo intitolato La pomme prisonnière, e soprattutto Panini ha tradotto la serie dei racconti di Emanon, su testi di Shinji Kaijo. È proprio delle avventure di Emanon che voglio parlare.

Dicevo prima “ragazze senza memoria”. Emanon è in realtà il contrario di questo. Non propriamente umana, la nostra protagonista è la depositaria della memoria dell’universo. Ricorda ogni cosa, dalla comparsa della vita unicellulare nel brodo primordiale alle fughe dai dinosauri, dai terrori della guerra fino alla colazione di ieri. Un archivio vivente, ruolo che si tramanda di madre in figlia: alla nascita della bambina il testimone viene passato, la vecchia Emanon perde del tutto i ricordi e rimane un guscio vuoto, la nuova Emanon eredita il ruolo e la memoria della madre (e della nonna, e della bisnonna e via discorrendo).

Emanon è quindi ben poco umana, distaccata perché lontana dalla mortalità di noialtri: d’altro canto il suo corpo muore – come il nostro –, ma la sua anima e la sua identità continuano a crescere e a imparare e a ricordare. Al contempo però un po’ umana lo è: è fatta a forma di persona, cammina tra noi e con noi interagisce, anche a livello sentimentale.
I primi due volumi della serie, I viaggi di Emanon e Le memorie di Emanon, sono usciti ravvicinati qualche anno fa, e rappresentavano un buon punto di partenza nell’esplorazione narrativa e simbolica del personaggio. Punto di partenza che sarebbe potuto tranquillamente essere anche punto d’arrivo: la formula “Emanon arriva, si avvicina abbastanza affinché qualcuno si innamori di lei solo per poi scomparire e ricomparire sotto un’altra forma anni dopo” funziona, ma è appunto una formula. Mi fosse stato chiesto allora avrei detto che, per me, eravamo anche a posto così. I disegni di Tsuruta sono al solito affascinanti, e ben si prestano a tratteggiare una Emanon enigmatica, affascinante e magnetica nella sua alterità.

Poi però passa del tempo, e non più di qualche mese fa Panini pubblica altri due volumi: I nuovi viaggi di Emanon e I nuovi viaggi di Emanon – Encore. Chi mi conosce sa che non posso che comprare anche queste due nuove iterazioni della nostra eroina – gli autori si seguono fino alla fine – ma sa anche che mi aspetto poco più di un more of the same. Mi dico che “alla peggio sarà una buona scusa per guardarsi qualche nuova tavola di Tsuruta”, ma non sono particolarmente fiducioso sul portato narrativo di questi due volumi che sanno di minestra riscaldata già dal titolo. E invece.
I nuovi viaggi di Emanon, il primo dei due, gioca un bello scherzo in termini di esperienza di lettura. La protagonista la conosciamo già, meglio di quanto si conosca lei a dire il vero: la storia si apre con una Emanon in una condizione inedita: ha perso la memoria. Qualche flash qua e là le fa subodorare che qualcosa non va, ma per quanto ne sa è una persona come tutte le altre. Viene ospitata a casa da un bel ragazzone, i due si innamorano, lei rimarrà incinta, partorirà e non sarà più se stessa. Tutto questo è chiaro al lettore e alla lettrice fin dalla prima manciata di pagine.

Ed è proprio lì che il fatto di conoscere già il personaggio mette chi legge in una posizione strana. C’è come un senso di fatalità che incombe. Sappiamo come andrà a finire, e la lettura diventa quindi una sorta di attesa per l’inevitabile che, pagina dopo pagina, si avvicina. È un po’ la stessa sensazione, ne avevo parlato altrove, che ho avuto leggendo il meraviglioso Castello di sabbia di Lévy e Peeters: la brevità del libro risuona con l’inesorabile ticchettare del tempo troppo breve concesso ai protagonisti che invecchiano troppo velocemente. Ecco, leggere I nuovi viaggi di Emanon mi ha regalato un’esperienza insperata. Non perché abbia aggiunto qualcosa al personaggio, o perché mi abbia concesso di scoprire il nuovo capitolo di una continuity intricata e misteriosa. Ma proprio perché, nel leggere una storia aspettando una fine che so già esattamente qual è, mi è parso di sentirmi esattamente come Emanon, consapevole del proprio destino a ogni iterazione: arriva, si innamora, rimane incinta, e da lì manca poco prima che la fine sopraggiunga.
Vale la pena leggere i primi tre volumi di questa serie anche solo per questa sensazione. (Matteo Gaspari)
PS.: Una brevissima nota di chiusura sul secondo dei volumi nuovi: I nuovi viaggi di Emanon – Encore. Che porta stampato in copertina un bel “volume unico” scritto in caps lock. E poi finisce con un bel “continua” nell’ultima pagina (e spero ben che continui! Questo albetto sì che introduce nuovi aspetti del personaggio e del suo mondo, solo per poi finire bruscamente). Ora, capisco che i volumi unici si vendono meglio, ma c’era davvero bisogno? La contraddizione talmente plateale da risultare fastidiosa. Pure peggio di quel “romanzo seriale a fumetti” che campeggia nelle copertine di Asadora di Naoki Urasawa. Mah.