L’incertezza dei sogni

Copertina del libro

Avventure sull’isola deserta

Maciej Sieńczyk

Canicola, 152 pagine a colori, 17 euro

Ho letto questo libro per la prima volta sette anni fa nella versione francese pubblicata dalle edizioni Ici-Même e ricordo che ne rimasi totalmente rapito. In quel momento non avevo un buon rapporto con i fumetti e la lettura di Avventure sull’isola deserta di Maciej Sieńczyk mi rincuorò profondamente, ridandomi fiducia in un medium che consideravo ripetitivo e raramente sorprendente. Ho saputo che, qui in Italia, questo libro non ha avuto molto successo di pubblico e lo considero un peccato, un incontro mancato. Mi è sembrato importante “ripescarlo” per parlarne un po’, è un’opera che lo merita.

Avventure sull’isola deserta è semplicemente uno dei fumetti più strani e originali che io abbia letto negli ultimi anni e forse nella mia vita. Non è quello disegnato meglio né quello che ha la storia più ricca è appassionante. È qualcos’altro. Innanzitutto, il testo e il disegno sono perfettamente in sintonia, ma è una sintonia “sfasata”, caratteristica principale di questo libro. Sfasata perché tutto, qui, ha la lentezza e il “distacco” tipico dei sogni. 

Un uomo trova un quaderno sullo zerbino davanti alla porta di casa. Questo quaderno si intitola Avventure sull’isola deserta e la sua lettura risveglia nell’uomo una strana nostalgia di “antiche promesse”.

© Maciej Sieńczyk, Canicola 2014

L’affiorare dei ricordi ci trasporta alla pagina successiva quando il protagonista (chi è?) sta per imbarcarsi sulla nave Andrea Doria, il 15 ottobre di chissà quando. A partire dalla terza pagina Sieńczyk ha già mischiato le carte, e non siamo già più certi di chi sia il protagonista e chi invece il narratore. Questo continuo rimescolare le carte è una delle particolarità di quest’opera e ne definisce la sua dimensione onirica. Alla quinta pagina il nostro eroe sta parlando con il capitano della nave e gli spiega che vuole andare in Sud Africa per scambiare il suo considerevole capitale con dell’oro, una valuta forte e sicura. I due si siedono su delle confortevoli poltrone in compagnia di alcuni ufficiali e, facendo conversazione, iniziano a raccontarsi storie. Certe storie le hanno sentite, altre le hanno vissute in prima persona, o così dicono. E qui Sieńczyk mischia ulteriormente le carte: il flusso continuo di racconti ci fa smarrire all’interno di un labirinto in cui non riusciamo più a distinguere cosa sia vero da cosa non lo sia. Le storie che i personaggi raccontano o quelle che il nostro protagonista (ora sì) vive o sogna sono tutte strane, sembrano storie inventate, favole, racconti popolari. Come la storia di quell’uomo che, per riprendersi da una apparente depressione, decide, dopo aver provato vari rimedi naturali tra cui ghiandole di capro, di auto-mutilarsi una volta al mese, per “acquisire la consapevolezza di prendere parte a qualcosa di eccezionale” (parole di suo zio, un uomo che verso la fine della sua vita aveva deciso di dedicarsi a alla scrittura di versi pii). O la storia del vecchietto che dice di poter viaggiare attraverso un mondo multidimensionale. O quella dell’uomo che ha appena perso la madre e che è sollevato quando, sotto il tappeto, ritrova una piccola scultura a forma di foglia di quercia che aveva regalato alla madre in occasione del suo compleanno. Sulla foglia era stato modellato il dolce volto della mamma… 

© Maciej Sieńczyk, Canicola 2014

Storie, ricordi e sogni. Qual è la reale differenza tra queste cose quando il tempo passa? Tutto sembra in fondo sbiadire e il confine assottigliarsi. A un certo punto, grandi onde rovesciano la nave e il nostro protagonista, che non si scompone mai veramente, si ritrova sdraiato, naufrago, su di un’isola deserta. Al suo risveglio trova nella tasca del pantalone un vecchio breviario con delle parabole che legge mentre cammina non si sa bene dove. Il fatto di ritrovarsi da solo su un’isola apparentemente deserta non sembra causargli nessun tipo di agitazione. Ma è comunque felice quando incontra due uomini anche loro naufraghi della stessa nave in cui, drammaticamente, hanno perso le loro mogli. I tre accendono un fuoco per scaldarsi e mentre conversano riaffiorano altri ricordi e storie. C’è un cumulo di pietre vicino al fuoco e una delle pietre ricorda il volto di una persona conosciuta. Questa persona, racconta uno degli uomini, una volta, mentre dormiva aveva ricevuto in sogno la visita della nonna recentemente defunta. La nonna chiedeva come mai era stata sepolta senza reggiseno. Voi non sapete, dice il protagonista, ma le storie di persone sepolte senza reggiseno sono davvero tante. Gli altri due lo guardano increduli, divertiti. Allora racconta che quando faceva le pulizie a casa sua, per spazzare più velocemente, si immaginava che i granelli di polvere cantassero e questo aveva reso piacevole quel compito così noioso. I granelli di sabbia con il loro canto raccontano di quando, al richiamo dell’argenteo galletto, i sepolti senza reggiseno si sarebbero risvegliati tutti assieme.

© Maciej Sieńczyk, Canicola 2014

Al sentire questa storia, l’altro dice: “Mi è venuta in mente una storia simile”, e racconta… E quando ha finito, il terzo uomo dice: “Il racconto che abbiamo appena ascoltato non era per caso ispirato alla storia intitolata…” e racconta. Insomma, per farla breve (e qui mi fermo per non svelare il seguito del libro) ogni racconto tira l’altro, quasi come se fosse un gioco, il gioco di “chi conosce o inventa la storia più bizzarra, più originale”. Ma questo raccontare, questo ascoltare, è molto di più che un gioco, un trucco narrativo. Le storie di questo libro non sono solo “bizzarre” o strane. Sono anche toccanti, tenere. 

Il libro di Maciej Sieńczyk riesce a fare qualcosa di speciale: ci porta in un altrove al tempo stesso familiare e sconosciuto. Proprio come nei sogni. C’è qualcosa di cupo in sottofondo, qualcosa di drammatico che non è mai affrontato apertamente. La “salvezza” da questa dimensione è forse proprio l’immaginazione e la capacità di credere che certe cose, apparentemente impossibili, possano accadere. Nessuno dei personaggi di questo libro rimane mai incredulo di fronte a nessuno dei racconti che ascolta, per quanto “assurdi”. Dopo il naufragio della Andrea Doria tre uomini si ritrovano su un’isola deserta. Invece di disperarsi (due sono recentissimi vedovi) si siedono, accendono un fuoco e iniziano a raccontare. Forse questo è un modo di farsi forza di fronte agli eventi dolorosi della vita che tutti, prima o poi, viviamo? L’immaginazione non come fuga dal reale, ma come qualcosa che può accompagnare, affievolire il dolore e anche alle volte, farci sorridere. 

Tutti questi ingredienti, perfettamente dosati, creano un libro eccezionale, unico, che non mi stancherò mai di consigliare, anche di fronte alle reazioni di perplessità. Il fumetto, complessato, tanto ha fatto per essere riconosciuto come “nona arte”. Forse allora dovremmo essere capaci, come lettori, di riconoscere quando ci troviamo veramente di fronte a un’opera d’arte, altrimenti rischiamo di perderci nelle chiacchere. 

Ho scritto all’inizio che questo fumetto non è sicuramente quello disegnato meglio di tutti quelli che ho letto. In un certo senso è evidente. Ma devo dire una cosa. Quando guardo le tavole di Sieńczyk provo un profondo piacere. Un piacere maggiore di quello che provo di fronte ai disegni dei “grandi” del fumetto. Lui disegna in modo unico. Guardate i volti e i corpi dei suoi personaggi. Sembrano delle maschere e delle marionette disarticolate. Guardate i paesaggi, le prospettive. Le proporzioni tra le cose. L’uso dei colori. Come compone le immagini. L’uso delle nuvolette. Tutto qui è immaginazione, tutto qui è libertà. Siamo dovuti andare sull’isola deserta per ritrovarla. (Miguel Angel Valdivia)

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