
Venerdì scorso un amico mi invia il pdf dell’ultimo numero de Il venerdì di Repubblica: “Forse può interessarti” mi dice. Nell’anteprima della copertina, che intuisco illustrata, scorgo l’indagatore dell’incubo a capo di un manipolo di altri personaggetti.
L’equazione Dylan Dog=fumetti è fin troppo facile: capisco perché mi ha inviato il file che apro con la stessa curiosità con la quale si apre il frigo quando si è sazi o quando si sa che è vuoto.
Il titolo è Fumetti alla riscossa: accompagnano Dylan figure note della nona arte, schierate alla maniera del popolo che avanza nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Ma a differenza del riferimento pittorico, diversamente da quanto accade nel gruppo di contadini che chiede giustizia, scolpito nell’immaginario dei più, qui non vi è una sola figura che non sia maschile. Ci sono eroi nazionali come Tex, Diabolik, Corto Maltese e un contrariato ZeroCalcare, ma anche Batman e Spiderman e Goku, Monkey D. Rufy, tra gli altri. La domanda, che si pone sabato mattina l’editrice e curatrice Elettra Stamboulis sul suo profilo Facebook e che raccogliamo qui è: che fine hanno fatto le donne o le altre creature protagoniste dei nostri fumetti preferiti?
Dove sono la Valentina di Crepax o Mela Verde di Grazia Nidasio? Dove le nervose, sfiancate, ironiche e tenaci donne frustrate di Claire Bretécher? Che fine hanno fatto le supereroine Wonderwoman e Harley Quinn? Dove sono Mafalda e la Bambina Filosofica, con la loro saggezza corrosiva e dove Ranma che cambia sesso a contatto con l’acqua fredda o i deliziosi Moomin di Tove Jansson? Dove, di grazia, è la Pimpa??? Di tutte loro e di altrə protagonistə che hanno acceso l’immaginario di chi legge fumetti, neanche l’ombra. Ombre che invece abbondano sulla copertina, per altro, a livello strettamente grafico, distribuite in modo discutibile. La notizia, se così vogliamo chiamarla, è il successo dei fumetti. Mi viene subito a mente l’exploit di Walter Veltroni pochi mesi fa-tra l’altro pubblicato proprio durante Lucca Comics&Games (sperava forse che fossimo distratti?)-quando scrisse sul Corriere della Sera di perché il manga avesse conquistato i nostri ragazzi-sempre maschile esteso, sia mai che mettiamo in discussione l’eteronorma- chiedendosi se questo successo fosse un bene o un male.
Credo, come la maggior parte delle persone che orbitano nel mondo dei fumetti- che né nel caso di Veltroni, né in questa copertina e negli articoli de il venerdì, ci sia una vera notizia. Come si fa a moralizzare sulla lettura come fenomeno di mercato o a gridare alla riscossa per un linguaggio del quale riscatto si parla ciclicamente da 60 anni? Davvero vogliamo iniziare tutte le volte da capo? Magari ci soffermiamo ancora sulla differenza tra fumetto e graphic novel? Sto divagando e mi scuso, ma più che la riscossa del fumetto, che gode di ottima salute e non ha certo bisogno di endorsment fatti male, qui la notizia è di nuovo l’assenza delle donne, delle eroine o di figure altre dal genere maschile. La copertina si inserisce a pieno nel discorso sommario e superficiale sul fumetto spesso riservato dai media al grande pubblico. In tutto questo impegno mediatico per sdoganarlo (verbo che appare ripetutamente nel pezzo), del fumetto si continua a parlare senza conoscerlo e basta soffermarsi sulla scelta e gli accostamenti dei personaggi della famosa copertina per capirlo; se ne parla senza chiedersi che ruolo abbiano le creatrici e i personaggi femminili, a che punto siamo con la parità, l’espressione di genere e delle diverse identità. Da decenni nel nostro paese ci si interroga sulla legittimità dell’arte sequenziale- ricordate Umberto Eco e Elio Vittorini nel 1965?- con la stessa tenacia con la quale si ignorano le signore del fumetto, artiste compiute, competenti, originali che vengono liquidate in questo articolo con un paio di paragrafi, una manciata di foto formato carta d’identità e il sempiterno aggettivo emergenti, quando Sara Pichelli ha vinto un Oscar per il character design di Miles, il protagonista dello Spiderman animato del 2019, e le sue colleghe non hanno certo bisogno di affermarsi.
Troppo poco e troppo male. Leggiamo, scriviamo, disegniamo, coloriamo, letteriamo, editiamo, stampiamo i fumetti da sempre, insieme a tuttə quellə che hanno la fortuna di maneggiare questo linguaggio dalle infinite potenzialità, il più democratico, perché può raccontare una storia ed essere letto anche da chi non sa leggere.
Che tristezza che il fumetto si salvi raramente dall’essere raccontato dall’ottica del profitto, presentato come l’ennesimo fenomeno dell’industria culturale, che ancora si pretenda di far notizia gridando per il fatturato annuo facendo leva sullo stupore di chi ancora lo reputa una cosa da bambini; che pigrizia italiana accettare di chiamarli graphic novel– con l’aggravante di usare un anglismo – in fondo per darci un contegno, mentre i librai riservano scaffali tra l’infanzia e la narrativa, ma lontano dai manga, per poterli individuare e vendere meglio.
Con questa copertina Il venerdì lascia le artiste e i personaggi femminili, le diversità e la sua ricchezza al margine del discorso- un fenomeno comune anche alle altre arti, e ahi noi, alla storia, alla vita stessa- e considera parzialmente e con poca competenza ciò che più ci piace, riassumendo benissimo il peggio del discorso sul fumetto. (Virginia Tonfoni)
Ringrazio Elettra, Michele, Percy e tuttə coloro che hanno animato il dibattito online.